Nel 1319 morì a Venezia l’ultimo discendente della ricca famiglia deiRampani; poiché era senza eredi e non aveva fatto testamento, tutti i suoi beni mobili e immobili passarono alla Serenissima, che li gestì come sua proprietà.
ALTRA STORIA....Tratto dal libro "Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità di Venrzia" - di M. Brusegan, A. Scarsella, M. Vittoria - Newton & Compton Editori - ottobre 2000.
E' situato a San Cassiano, in zona delle Carampane e unisce il sestiere di S.anta Croce con quello di San Polo.
La storia di questo nome curioso è molto semplice. Vicino a Rialto, le Carampane era una di quelle aree di Venezia nelle quali le prostitute erano obbligate a concentrarsi fin dal XV secolo, per disposizione delle leggi sull'ordine pubblico. Per attirare la clientela esse sedevano sulla finestra a seno nudo e con le gambe penzoloni per mostrare tutte le loro grazie, o ancor più, stavano completamente nude davanti alle finestre: il tutto proprio sopra il ponte in questione. Si narra che potessero stare tranquillamente in questi atteggiamenti grazie a un'ordinanza del XV secolo (per altro mai riscontrata) che addirittura le incoraggiava a mostrarsi per attirare i clienti. Questo per distogliere la popolazione maschile da un'ondata di omosessualità che era diventata un problema di stato. Si trovano infatti, tra i fascicoli dei processi più famosi, moltissimi casi contro omosessuali o per violenze "contro natura". Ad esempio, tale Francesco Cercato fu impiccato per sodomia fra le colonne della piazzetta nel 1480 e tale Francesco Fabrizio, prete e poeta, fu decapitato e bruciato nel 1545 per il vizio "inenarrabile". Comunque sia, sembra che l'omosessualità fosse molto diffusa nella Venezia del Cinquecento, tanto da indurre le prostitute, nel 1511, a inviare una supplica all'allora patriarca Antonio Contarini affinchè facesse qualcosa in merito, perchè sembra non avessero piì clienti. Forse la vera ragione della loro crisi economica era però un'altra: nel 1509 a Venezia esistevano 11.654 cortigiane; con tale abbondanza di offerta sembra più logico pensare che i guadagni pro capite calassero molto.
Sempre lo stesso autore ci informa che nel 1450 viene decretato di porre quattro grosse lampade sotto i portici di Rialto per rischiarare la zona in quanto ritrovo di omosessuali.
Tratto dal sito BENVENUTO A VENEZIA
Tette (Ponte e Fondamenta delle) a S. Cassiano. Affine di ritrovare l'origine delle presenti denominazioni è da considerarsi che i posti delle meretrici, stanziate in «Carampane», arrivavano fino a questo ponte ed a questa fondamenta, e che esse solevano stare al balcone colle «tete» (poppe) scoperte per allettare i passanti (Gallicciolli, «Memorie», T. VI).
A quanto si dice, tale costume provenne da una legge del governo, emanata allo scopo di distogliere con siffatto incentivo gli uomini dal peccare contro natura. Che poi la sodomia si fosse anticamente abbarbicata in Venezia, lo provano vari turpi fatti raccontati dalle cronache, fra cui
quello di un «s. Bernardino Correr», il quale, come racconta il Sanudo («Guerra di Ferrara», Cod. 801, Classe VII della Marciana) nel 1482 «volse sforzar ser Hieronimo q. ser Urban zovene bellissimo per sodomia una sera che lo trovò in calle da Ca' Trevixan a S. Bortolomio e li taiò le stringhe de le calze; el qual non volse consentir; andò ai Cai di X et dette la sua querela».
Conosconsi alcuni decreti del Consiglio dei X promulgati nel medesimo secolo, dai quali si ricava che, per estirpare «abhominabile vitium sodomiae», si erano eletti due nobili per contrada; che ogni venerdì si doveva raccogliere il collegio dei deputati ad inquisire sopra i sodomiti;
che tutti i medici ed i barbieri, chiamati a curare qualche uomo, oppure qualche femmina, «in partem posteriorem confractam per sodomiam», erano obbligati entro tre giorni di farne denunzia alla autorità; che finalmente i sodomiti s'appiccavano fra le due colonne della «Piazzetta», dopoché s'abbruciavano fin che fossero ridotti in cenere, pena inflitta eziandio il 10 ottobre 1482, a quella buona lana di Bernardino, da noi summentovato.
Una parte di questi edifici si trovava a San Cassiano, tra il sestiere di Santa Croce e quello di San Polo; nel 1421 il Governo, esasperato dagli sciami di “pubbliche meretrici” che a qualunque ora del giorno e della notte imperversavano in città, decise di trasferirle in blocco proprio nelle case ereditate dal Rampani – e perciò dette Ca’ Rampani – facendone delle “case chiuse”.
Fu così che le nuove residenti vennero chiamati sbrigativamente – anche nei documenti ufficiali – Carampane, e il termine divenne sinonimo di prostituta.
Il Governo emanò regole severe riguardanti la loro vita; potevano usciredalle loro case, ma non allontanarsi dai ristretti confini del sestiere di “lavoro”; alla terza campana della sera dovevano tornare nei loro alloggi, pena 10 frustate; non potevano abbordare clienti nei periodi sacri (Natale, Quaresima, Pasqua), pena frustate 15; non potevano frequentare le osterie, in centro città potevano recarsi solo di sabato, indossando però un vistosofazzoletto giallo al collo come segno di riconoscimento e la domenica, giorno del Signore, dovevano barricarsi nelle case gestite dalla “matrona”, che amministrava la contabilità e pagava regolamente le tasse.
Il loro quartiere oggi verrebbe definito a luci rosse: per attirare la clientela, stavano affacciavate per ore alle finestre delle loro abitazioni mostrando il petto completamente nudo; infatti il ponte che unisce Santa Croce a San Polo si chiama Ponte delle Tette, visto il “paesaggio” che si offriva ai passanti (e Rio delle Tette si chiama il relativo canale).
Pare che la morigerata Serenissima incoraggiasse l’esibizionismo delle carampane per combattere l’omosessualità estremamente diffusa a Venezia tra ilXV e il XVI sec., diventando un prolema di stato: i tribunali dell’epoca lavoravano indefessamente per punire le violenze nate da “atti contro natura”, decapitando e bruciando i malcapitati colpevoli.
“Carampana” oggi significa “vecchia allampanata”, caratteristica fisica che risale a quel periodo.
Infatti le prostitute delle case dei Rampani, oltre ad esibire capelli di quell’improbabile colore detto appunto “rosso veneziano”, indossavano purecaratteristici zoccoli di legno con la zeppa alta “un piede”, alias 50 cm, cosa che le rendeva mezzo metro più alte delle altre donne (di quel genere di scarpe ne ho parlato qui).
“Carampana” oggi significa “vecchia allampanata”, caratteristica fisica che risale a quel periodo.
Infatti le prostitute delle case dei Rampani, oltre ad esibire capelli di quell’improbabile colore detto appunto “rosso veneziano”, indossavano purecaratteristici zoccoli di legno con la zeppa alta “un piede”, alias 50 cm, cosa che le rendeva mezzo metro più alte delle altre donne (di quel genere di scarpe ne ho parlato qui).
E nel Settecento, secolo particolarmente disinibito dal punto di vista morale, grazie a nuove leggi progressiste che volevano incrementare il turismo nella città, le prostitute giovani e belle poterono tornare indisturbate ad esercitare nel cuore di Venezia mentre a Ca’ Rampani rimasero solo le più anziane, che lì vivevano relegate come in ospizio continuando – se potevano – il loro antico mestiere a modicissimi prezzi imposti dal Governo, però con l’assoluta proibizione di mettere il naso per strada perché sgradevoli alla vista.
---------------------------------------------------------
©Mitì Viglierodal blog di placida signora ...
E' situato a San Cassiano, in zona delle Carampane e unisce il sestiere di S.anta Croce con quello di San Polo.
La storia di questo nome curioso è molto semplice. Vicino a Rialto, le Carampane era una di quelle aree di Venezia nelle quali le prostitute erano obbligate a concentrarsi fin dal XV secolo, per disposizione delle leggi sull'ordine pubblico. Per attirare la clientela esse sedevano sulla finestra a seno nudo e con le gambe penzoloni per mostrare tutte le loro grazie, o ancor più, stavano completamente nude davanti alle finestre: il tutto proprio sopra il ponte in questione. Si narra che potessero stare tranquillamente in questi atteggiamenti grazie a un'ordinanza del XV secolo (per altro mai riscontrata) che addirittura le incoraggiava a mostrarsi per attirare i clienti. Questo per distogliere la popolazione maschile da un'ondata di omosessualità che era diventata un problema di stato. Si trovano infatti, tra i fascicoli dei processi più famosi, moltissimi casi contro omosessuali o per violenze "contro natura". Ad esempio, tale Francesco Cercato fu impiccato per sodomia fra le colonne della piazzetta nel 1480 e tale Francesco Fabrizio, prete e poeta, fu decapitato e bruciato nel 1545 per il vizio "inenarrabile". Comunque sia, sembra che l'omosessualità fosse molto diffusa nella Venezia del Cinquecento, tanto da indurre le prostitute, nel 1511, a inviare una supplica all'allora patriarca Antonio Contarini affinchè facesse qualcosa in merito, perchè sembra non avessero piì clienti. Forse la vera ragione della loro crisi economica era però un'altra: nel 1509 a Venezia esistevano 11.654 cortigiane; con tale abbondanza di offerta sembra più logico pensare che i guadagni pro capite calassero molto.
Sempre lo stesso autore ci informa che nel 1450 viene decretato di porre quattro grosse lampade sotto i portici di Rialto per rischiarare la zona in quanto ritrovo di omosessuali.
Tratto dal sito BENVENUTO A VENEZIA
Tette (Ponte e Fondamenta delle) a S. Cassiano. Affine di ritrovare l'origine delle presenti denominazioni è da considerarsi che i posti delle meretrici, stanziate in «Carampane», arrivavano fino a questo ponte ed a questa fondamenta, e che esse solevano stare al balcone colle «tete» (poppe) scoperte per allettare i passanti (Gallicciolli, «Memorie», T. VI).
A quanto si dice, tale costume provenne da una legge del governo, emanata allo scopo di distogliere con siffatto incentivo gli uomini dal peccare contro natura. Che poi la sodomia si fosse anticamente abbarbicata in Venezia, lo provano vari turpi fatti raccontati dalle cronache, fra cui
quello di un «s. Bernardino Correr», il quale, come racconta il Sanudo («Guerra di Ferrara», Cod. 801, Classe VII della Marciana) nel 1482 «volse sforzar ser Hieronimo q. ser Urban zovene bellissimo per sodomia una sera che lo trovò in calle da Ca' Trevixan a S. Bortolomio e li taiò le stringhe de le calze; el qual non volse consentir; andò ai Cai di X et dette la sua querela».
Conosconsi alcuni decreti del Consiglio dei X promulgati nel medesimo secolo, dai quali si ricava che, per estirpare «abhominabile vitium sodomiae», si erano eletti due nobili per contrada; che ogni venerdì si doveva raccogliere il collegio dei deputati ad inquisire sopra i sodomiti;
che tutti i medici ed i barbieri, chiamati a curare qualche uomo, oppure qualche femmina, «in partem posteriorem confractam per sodomiam», erano obbligati entro tre giorni di farne denunzia alla autorità; che finalmente i sodomiti s'appiccavano fra le due colonne della «Piazzetta», dopoché s'abbruciavano fin che fossero ridotti in cenere, pena inflitta eziandio il 10 ottobre 1482, a quella buona lana di Bernardino, da noi summentovato.
Nessun commento:
Posta un commento