domenica 20 novembre 2011

FESTA : Madonna della salute









TRATTATO DA WIKIPEDIA.....

La Festa della Madonna della Salute è una ricorrenza religiosa della città di Veneziache ha luogo il 21 

novembre di ogni anno e costituisce festività locale. Si tratta di un pellegrinaggio di ringraziamento nei confronti della Madonna che ha come meta la Basilica di Santa Maria della Salute.
Durante tutta la giornata, nella Basilica, tenuta aperta senza interruzione, vengono celebrate in continuazione messe e rosari, con un afflusso continuo di fedeli. Per facilitare il pellegrinaggio, viene eretto sul Canal Grande un ponte provvisorio in legno che collega laPunta della Dogana con Santa Maria del Giglio[1].

Origini [modifica]

La ricorrenza trae origine dalla grande epidemia di peste bubbonica che colpì tutto il nord Italia tra il 1630 e il 1631. Si tratta della stessa epidemia descritta anche da Alessandro Manzoni ne I promessi sposi.
Il contagio si estese a Venezia in seguito all'arrivo di alcuni ambasciatori di Mantova, città già particolarmente colpita dall'epidemia, inviati a chiedere aiuti alla Repubblica di Venezia[2]. Gli ambasciatori furono alloggiati in quarantena nell'isola di San Servolo ma nonostante questa precauzione alcune maestranze entrate in contatto con gli ospiti subirono il contagio e diffusero il morbo nell'area cittadina. L'epidemia fu particolarmente virulenta: nel giro di poche settimane l'intera città venne colpita, con pesanti perdite tra gli abitanti e ne furono vittime lo stesso doge Nicolò Contarini e il patriarca Giovanni Tiepolo.
Nel momento culminante dell'epidemia, in assenza di altre soluzioni, il governo della Repubblica organizzò una processione di preghiera alla Madonna, a cui partecipò per tre giorni e per tre notti tutta la popolazione superstite. Il 22 ottobre 1630 il doge fece voto solenne di erigere un tempio votivo particolarmente grandioso e solenne se la città fosse sopravvissuta al morbo.
Poche settimane dopo la processione, l'epidemia subì prima un brusco rallentamento per poi lentamente regredire fino a estinguersi definitivamente nel novembre 1631. Il bilancio finale fu stimato in quasi 47.000 morti nel solo territorio cittadino (oltre un quarto della popolazione) e quasi 100.000 nel territorio del Dogado[3]. Il governo decretò allora di ripetere ogni anno, in segno di ringraziamento, la processione in onore della Madonna denominata da allora della "Salute".
Il governo della Repubblica mantenne fede al voto, individuando nell'area della Dogana da Mar, oggetto di recenti demolizioni, la meta del pellegrinaggio nonché la sede del nuovo tempio votivo e indicendo subito il concorso per la costruzione della nuova chiesa. Il primo pellegrinaggio di ringraziamento avvenne il 28 novembre 1631, subito dopo la fine dell'epidemia.


Il concorso venne vinto da Baldassare Longhena con il suo progetto di un tempio barocco a struttura ottagonale sormontato da un'imponente cupola, ovvero l'attuale basilica di Santa Maria della Salute, che fu consacrata il 21 novembre 1687.

La ricorrenza è particolarmente sentita dalla popolazione veneziana. È tradizione, nel giorno della festa della Salute, consumare una pietanza a base di carne, LA CASTRADINA DI CUI DOMANI TROVERETE LE VARIE RICETTE DI QUESTO CASTRATO DI MONTONE

domenica 23 ottobre 2011

venezia misteriosa ..............2 parte e 3 parte




San Lazzaro degli Armeni è una piccola isola nella laguna veneziana, che si trova immediatamente ad ovest del Lido; completamente occupata da un monastero che è la casa madre dell'ordine dei Mekhitaristi. L'isola è uno dei primi centri del mondo di cultura armena. L'isolotto, ad una certa distanza dalle isole principali che formano il centro storico diVenezia, era nella posizione ideale per lo stazionamento in quarantena e fu perciò usato dal XII secolo come lebbrosario (lazzaretto), ricevendo il relativo nome da San Lazzaro mendicante, patrono dei lebbrosi.


Abbandonato nel XVI secolo, nel 1717 fu dato dalla Repubblica di Venezia ad un gruppo di monaci armeni che erano fuggiti dalla persecuzione turca ad Istanbul, cinque anni dopo fu disposto sotto la protezione del PapaMekhitar ed i suoi diciassette monaci restaurarono la chiesa e ivi costruirono un monastero, ingrandirono di quattro volte l'isola fino alla attuale grandezza di 3 ettari.
La Chiesa di San Lazzaro degli Armeni ospita una biblioteca di circa 200.000 volumi, così come un museo con oltre 4.000 manoscritti armeni e molti manufatti arabiindiani edegiziani, tra cui la curiosa mummia di Nehmeket del 1000 a.C., raccolti dai monaci o ricevuti come regali. Il monastero ed i relativi giardini possono essere raggiunti dal vaporetto numero 20 da San Zaccaria. Al momento in cui scriviamo (estate 2008) c'è una sola visita guidata al giorno, che si svolge alle ore 15:00, in coincidenza con l'arrivo del vaporetto che lascia San Zaccaria alle 14:45.
Gruppi consistenti di visitatori possono chiedere un giro riservato ad orari diversi. La messa si celebra ogni domenica con rito cattolico armeno alle ore 11.00. Padre Vertanes

 ed altri padri conducono le visite in varie lingue.
Chiostro sull'Isola di San Lazzaro

Chiesa di San Lazzaro
L'isola ha inoltre una lunga tradizione di ospitalità agli eruditi ed agli allievi dell'Armenia, fra i quali anche Lord Byron, che ha studiato l'armeno lì nel 1816 e che si ricorda in una mostra permanente. Pare che il poeta amasse molto la speciale Vartanush, marmellata di petali di rosa che i monaci producono tuttora grazie ai rosai coltivati nell'isola, alcuni dei quali molto rari.












Iosif Stalin fu uno degli ultimi campanari dell’isola di San Lazzaro degli Armeni, nel cuore della laguna di Venezia; un giovanissimo Rodolfo Valentino – studente all’istituto nautico della città – rubò un rimorchiatore la notte del Redentore, affondò una gondola e salvò una ereditiera inglese, ricevendo in cambio una settimana d’amore all’Hotel Excelsior del Lido; le ossa di Ida Dalzer, che diede un figlio a Benito Mussolini, riposano in una fossa comune sull’isola di San Clemente, oggi ex manicomio trasformato in albergo di lusso, dove il duce la fece rinchiudere. E questo solo per rimanere al Novecento.


La laguna di Venezia nasconde infatti decine e decine di storie e leggende, a volte arcane e misteriose, a volte decisamente curiose, altre volte semplicemente permeate dalla bellezza che solo l’incanto dell’estuario lagunare riesce a infondere alla parola. Ecco allora emergere dai bassi fondali (e dalle nebbie del tempo) storie di diavoli e di streghe, di anime dannate, di sirene che donano merletti come premio per un amore che non conosce tradimento. Storie di Santi e di comuni mortali, che vivono della magia che regna incontrastata tra le acque che videro i primi profughi scappare dalle orde dei barbari, le galee della Serenissima, le navi di Bisanzio e di tutto il mondo allora conosciuto.


“Misteri della laguna e Racconti di Streghe” è concepito attraverso due ideali percorsi lungo le isole della laguna a sud e a nord di Venezia, senza tralasciare però anche località come Chioggia, Treporti o Malcontenta, dove nell’omonima dimora palladiana farebbe le sue apparizioni una delle “dame bianche” più famose d’Italia: Isabella, il cui fantasma irrequieto di reclusa aleggia ancora tra le mura di villa Foscari. Un tragitto lungo i canali lagunari che si conclude con ampie sezioni dedicate alle fiabe, agli usi e alle tradizioni, alle storie di streghe e a curiosità.





Il lazzaretto (anche lazzareto o lazzeretto) era un luogo di confinamento e d'isolamento per portatori di malattie contagiose, in particolar modo di lebbra e di peste.
Nelle città di mare era anche un luogo chiuso in cui merci e persone provenienti da paesi di possibile contagio dovevano trascorrere un soggiorno di determinata durata, spesso di quaranta giorni, da cui il termine quarantena.
Sull'origine del nome "lazzaretto" ci sono due ipotesi: la prima viene ricondotta a quella dellebbroso Lazzaro - protagonista della parabola evangelica - venerato come protettore delle persone affette da lebbra, la seconda invece richiama il primo lazzaretto, quello di Santa Maria di Nazareth a Venezia, il cui appellativo, per successive distorsioni fonetiche, si è trasformato da Nazareth a nazaretto a lazzaretto[1]. La loro fama deriva però dal fatto di essere stati così chiamati gli ospedali temporanei che venivano allestiti per evitare un'epidemia di peste.
Nel lazzaretto, che nelle città più grandi potevano essere anche più di uno, venivano tenuti in quarantena i malati, e durante epidemie con un alto tasso di mortalità, nei periodi di parossismo del contagio, essi si riempivano di ammalati che con alte percentuali diventavano cadaveri nel giro di pochi giorni. Le condizioni igieniche precarie dei lazzeretti a volte invece che arginare un contagio, lo favorivano, con il sovraffollamento, la promiscuità con il personale medico, che facilmente si ammalava a sua volta, e la mancanza di alcune condizioni igieniche che per ragioni di indigenza non potevano essere rispettate. Per esempio si sapeva bene che quando un malato appestato moriva si sarebbe dovuto bruciare tutte le sue cose, come gli abiti e il giaciglio: ma in condizioni di estrema urgenza come durante un'epidemia era impossibile procurarsi anche solo la paglia fresca giornaliera dove far stendere i malati.














giovedì 20 ottobre 2011

e fugasse venexiane

fugasse,venexiane ripiene,crema,nutella,zabaione...
la fugassa,un pan dolce,In terra veneta non c’è Pasqua senza la “focaccia”, dolce tradizionale che può assumere anche la forma di “colomba”, e al giorno d'oggi anche di una fugassa natalizia,come dolce per la merenda dei piu' piccoli,confezionata, naturalmente, con lo stesso tipo di pasta. La tradizione è antichissima e risale alle prime feste cristiane in ricordo della Resurrezione di Gesù, quando la ricorrenza era celebrata con straordinaria solennità in tutte le comunità cristiane. 
Nel Veneto il Cristianesimo è arrivato prestissimo, già in epoca apostolica, non da Roma ma da Alessandria d’Egitto, la più colta e raffinata città mediterranea. La nostra regione fece proprie alcune delle tradizioni orientali, come il pane benedetto di NATALE, il pane dolce di Pasqua, nonché le uova, simbolo della primavera e della vita che rinasce nella natura e nel Cristo risorto. Il pane dolce di Pasqua O DI NATALE è stato poi variamente interpretato dalle diverse comunità cristiane, anche in terra veneta, dove il dolce risulta più semplice rispetto ad altre regioni italiane 

Si tratta di un pane arricchito con vari ingredienti: farina, zucchero, burro, lievito e uova. L’origine del dolce è comunque avvolto nella leggenda, ma sembra che l’idea di questo “pane dolce” sia venuta ad un antico fornaio trevigiano: lavorò la sua pasta di pane con burro , uova e miele (qualche volta mandorle) sino ad ottenere un dolce soffice e leggero, che regalava ai suoi clienti in occasione delle feste pasquali. La tradizione vuole anche che la “fugassa”, un tempo, venisse preparata in occasioni di fidanzamenti e donata alla famiglia della ragazza con dentro nascosto l'anello di fidanzamento; ora si trova tutto l'anno nei panifici e raramente si prepara in casa a causa della lunghezza del procedimento. E’ un dolce complesso che richiede una lunga lievitazione, con pause adeguate (almeno tre di circa tre ore ciascuna), per ottenere una pasta molto soffice e leggera che, alla fine, sia che venga cotta in stampi circolari o in quelli a forma di colomba, verrà glassata con un composto a base di uova, di mandorle pelate, generalmente tritate ma anche divise a metà, e zucchero in granella. 

Per accompagnare questo dolce il Veneto ha molti vini adatti, come il Prosecco superiore di Cartizze, il Moscato Fior d’Arancio dei Colli Euganei, il Recioto di Gambellara spumante, il Recioto di Soave. Ancora una volta, nella solennità cristiana DI PASQUA O NATALE, ci sarà ovunque nel Veneto gran festa, se nelle tavole sarà presente questo dolce tradizionale, legame con una storia bimillenaria, segno di identità e prezioso collante d’umanità, vedendo gioiosamente riuniti attorno alle tavole della festa famiglie, parenti e amici, come raramente succede negli altri giorni dell’anno 
ORA VEDREMMO LE FUGASETTE VENEXIANE QUELLE DI TUTTI I GIORNI,BUONISSIME NELLA CARTELLA DEI VOSTRI FIGLI,PRESENTATA SUL PIATTO MONOPORZIONE AL RISTORANTE O DA REGALARE SULLE TAVOLE DI NATALE,IL GIORNO DEL GRAN PRANZO,O A PASQUA...INFATTI COME DESCRITTO POCANZI IL DOLCE SAREBBE PASQUALE MA SULLE TAVOLE DEI VENEZIANI SI DELIZIA TUTTO L'ANNO.... 
INFATTI NON C'E' PANIFICIO O PASTICCERIA CHE NON LE PROPONGA TUTTI I GIORNI CON UN BUON CAPUCCINO O CAFFE'.....INTANTO VEDIAMO QUESTA RICETTA QUELLA DELLE VENEZIANE...PICCOLE FUGASETTE RIPIENE DI CIO' CHE VOLETE BIZZARIRSI 
FONTE DELLA STORIA VIAGGIANDO IN INTERNET,IUN PO QUI UN PO LI,E UN PO ME 
Tempo Preparazione: 8 minuti
Tempo di cottura: 30/40 minuti
 
Marcatori (Tags):

Ingredienti

  • 500 GR DI FARINA
  • 1 BUSTA DI LIEVITO DI BIRRA
  • 50 GR DI ZUCCHERO
  • VANILLINA
  • UN LIMONE
  • 4 UOVA(DUE INTERE E DUE ROSSI)MI RACCOMANDO PER LE UOVA USIAMO QUELLE DI PASTA GIALLA
  • UN CUCCHIAIO DI SALE
  • 75 GR DI BURRO
  • 270 ML DI LATTE DI LATTE TIEPIDO
  • E GRANELLA DI ZUCCHERO
  • PER IL RIPIENO
  • NUTELLA
  • ZABAIONE
  • CREMA PASTICCERA
  • SE NON AVETE TEMPO..SI POSSONO USARE I PREPARATI....
  • LA RICETTA INVECE DELLA FUGASSA ORIGINE PATRIZIA
  • Ingredienti e dosi:
  • 450 g di farina,
  • 125 g di burro, 125 g di zucchero,
  • 20 g di lievito di birra,
  • 40 g di mandorle,
  • 5 uova,
  • aromi veneziani,
  • 1 bicchierino di grappa,
  • zucchero in granella,
  • sale.

Istruzioni

  1. PER LE FUGASETTE
  2. NELLA PALENETARIA METTIAMO LA FARINA ASSIEME AL LIEVITO E AZIONIAMO,
  3. VERSIAMO MANO A MANO
  4. ZUCCHERO
  5. VANILLINASCORZA DI LIMONE CON UN PO DI SUCCO
  6. UOVA
  7. SALE
  8. EBURRO LIQUEFATTO CHE DEVE ESSERE TIEPIDO...AMALGAMIAMO BENE
  9. ORA AGGIUNGIAMO AL NOSTRO IMPASTO IL LATTE UN PO ALLA VOLTA
  10. DOPO CHE I NOSTRO IMPASTO E' BELLO COME QUELLO DEL PANE LO RIPONIAMO A LIEVITARE IN UN POSTO CALDO PER CIRCA 3 ORE
  11. DOPO LA PRIMA FASE DI LIEVITAZIONE LO RIPRENDIAMO
  12. LO LAVORIAMO NUOVAMENTE E LO RIMETTIAMO A LIEVITARE
  13. DOPO CIRCA 4 ,5 ORE DI LIEVITAZIONE LO PRENDIAMO LO DIVIDIAMO IN PEZZETTI E FACCIAMO DELLE PALLINE CHE METTEREMO SULLA PIASTRA DA FORNO A RILIEVITAREPER.30 MINUTI BAGNIAMO CON IL LATTE LA NOSTRA FUGASETTA E DECORIAMO CON GRANELLA DI ZUCCHERO
  14. ALTRI 10 MINUTI DI LIEVITAZIONE
  15. METTIAMO IN FORNO A 160° VENTILATO
  16. LA RICETTA PATRIZIA DELLA FUGASSA
  17. i vari passaggi riponete l'impasto nella palnetaria e impastare
  18. impastate un po’ di farina con il lievito
  19. , unendo qualche cucchiaio d’acqua tiepida O LATTE
  20. . Coprite e fate riposare un paio d’ore al caldo o almeno in luogo tiepido,
  21. quindi aggiungete al primo impasto altrettanta farina e acqua tiepida.
  22. Reimpastate bene,
  23. coprite e lasciate riposare per altre due ore.
  24. Successivamente ripetete l’operazione a intervalli di due ore, per altre quattro volte, aggiungendo al posto dell’acqua tuorli d’uovo, uova intere,
  25. zucchero e burro in proporzione alla farina aggiunta,
  26. in modo da ottenere ogni volta un impasto lavorabile.
  27. Dopo le ultime due ore di riposo, aggiungete all’impasto un pizzico di sale e ancora un bicchierino di kirsch, delle scorzette d’arancio tagliate minute, della cannella in polvere, un pizzico di vaniglia, il tutto macerato per un paio di giorni nella grappa. Lavorate ancora la massa fino ad ottenere un impasto ben omogeneo, tenero, elastico e lucente,
  28. che porrete in un apposito stampo, meglio se a forma di colomba,o quello del panettone che si trova nei supermercati. Bagnate la superficie con dell’albume d’uovo
  29. prima tenuto da parte, cospargetevi sopra dei granelli di zucchero e mandorle spezzate,
  30. fatelo quindi cuocere in forno a temperatura 160° ventilato, fin che assume un bel colore marroncino-dorato. ù
  31. SERVITE
  32. UNA VOLTA RAFFREDDATO POSSIAMO FARCIRLA CON LA PANNA,E DECORARLA CON IL MARZAPANE.....NATALE....

domenica 9 ottobre 2011

viaggio nella venezia misteriosa......tra realta' e mistero

 con questo inizieremo tra calli e campielli palazzi e monumenti della venezia misteriosa......andremo mano amno anche all'ospedale di san clemente dove si consumac vano dei veri orroi come manicomio dicono se ti siedi vicino adove stavano i pazienti senti la loro presenza...nessuno puo' varcare ca dario altrimenti la morte si avvicina quando meno te lo spetti e mentre cala la nbbia in questo contesto vi auguro unabuona lettura


e mentre leggete ecco la musica di rondo' veneziano






Un orribile destino ha unito le storie dei proprietari di questo stupendo palazzo, tanto da definirlo Maledetto.
Ca’ Dario è una villa che si affaccia sul Canal Grande  a Venezia. Fu costruita da Giovanni Dario, affascinato dai luoghi e dall’incantevole paesaggio.



Ca' Dario è un palazzo di Venezia, situato nel sestiere di Dorsoduro, che si affaccia direttamente sul Canal Grande. L'edificio è famoso per la presunta maledizione che graverebbe su di esso: secondo la leggenda, infatti, i suoi proprietari sarebbero destinati a fare bancarotta o a morire di morte violenta


L'edificio venne commissionato all'architetto Pietro Lombardo nel 1479 da Giovanni Dario come dote nuziale per la propria figlia Marietta, promessa sposa di Vincenzo Barbaro, un ricco mercante di spezie proprietario dell'omonimo palazzo in Campo San Vio[3]. Giovanni Dario, un borghese di origini dalmate[4], svolgeva importanti mansioni per la Repubblica di Venezia: fu mercante, notaio della cancelleria ducale, segretario ducale e si guadagnò l'appellativo di salvatore della patria dopo che, nel 1479, riuscì a negoziare un accordo di pace con i turchi[5].
Il palazzo è costruito sopra un antico cimitero[6] ed è visibilmente inclinato a causa di un assestamento delle fondamenta. La facciata asimmetrica, in pietra d'Istria, è riccamente decorata da marmi policromi disposti a medaglioni circolari ed è suddivisa in pianoterra e tre piani. Il corpo del palazzo è costruito in stile gotico fiorito, molto diffuso a Venezia, ma la facciata sul Canal Grande è chiaramente rinascimentale. Alla base dell'edificio è presente l'iscrizione VRBIS GENIO IOANNES DARIVS (latinoGiovanni Dario protettore della città). I camini, in tipico stile veneziano, sono fra i pochi esemplari originali dell'epoca sopravvissuti fino ad oggi. La balconata neogotica venne aggiunta nel XIX secolo.
Nel 1494, alla morte di Giovanni Dario, il palazzo venne ereditato da sua figlia Marietta e poi passò a Vincenzo Barbaro. La famiglia Barbaro rimase in possesso del palazzo fino all'inizio delXIX secolo, quando Alessandro Barbaro (1764-1839), membro dell'ultimo Consiglio dei Diecidella Repubblica di Venezia e consigliere aulico del Tribunale Supremo di Verona, vendette il palazzo ad Arbit Abdoll, un commerciante armeno di pietre preziose[7].
Ca' Dario viene spesso descritta come uno dei palazzi più caratteristici di Venezia, spesso paragonato alla Ca' d'Oro. La sua strana bellezza colpì l'interesse di John Ruskin, che ne descrisse le decorazioni marmoree con dovizia di particolari[8]. Il retro del palazzo, dipinto di rosso, si affaccia su Campiello Barbaro.
Nel 1908 Claude Monet utilizzò Ca' Dario come soggetto per una serie di dipinti tipicamenteimpressionisti: tutti dalla stessa prospettiva, ma con condizioni di luce diverse[9]. Uno degli ultimi interventi di restauro, sistemazione e arredo degli interni è stato eseguito nel 1977 daGiorgio Pes, arredatore del film Il Gattopardo[10].
Palazzo Dario.jpg

Il destino dei proprietari del palazzo

 

La bellezza architettonica di Ca' Dario contrasta con la sua fama di palazzo maledetto, nomea conferitale dal tragico destino che ha accomunato molti dei suoi proprietari. Secondo una presunta maledizione che graverebbe sulla casa, infatti, i proprietari di Ca' Dario sarebbero destinati a finire sul lastrico o a morire di morte violenta[11].
Marietta, la figlia di Giovanni Dario, si suicidò a seguito al tracollo finanziario del marito Vincenzo Barbaro, che morì accoltellato. Tragica fine anche per il loro figlio, che morì in un agguato a Creta. Queste tre morti fecero scalpore fra i veneziani, che anagrammarono l'iscrizione posta sulla facciata, trasformandola da VRBIS GENIO IOANNES DARIVS a SVB RVINA INSIDIOSA GENERO (latinoGenero insidiosa rovina)[4].

I discendenti della famiglia Barbaro ereditarono il palazzo fino all'inizio del XIX secolo, quando Alessandro Barbaro lo vendette ad Arbit Abdoll, un commerciante armeno di pietre preziose che fece bancarotta poco dopo aver preso possesso della dimora. Nel 1838 Ca' Dario venne acquistata dall'inglese Radon Brown, il quale perse tutti i propri averi e si suicidò nel 1842all'interno del palazzo insieme al compagno, probabilmente anche a causa dello scandalo provocato dal loro legame. L'edificio venne poi acquistato dall'americano Charles Briggs, che fu costretto a fuggire da Venezia a causa delle continue voci sulla sua omosessualità, rifugiandosi in Messico, dove il suo amante si suicidò[12].
A cavallo fra la fine del l'800 e l'inizio del '900 Ca' Dario ospitò il poeta francese Henri de Régnier, finché una grave malattia non ne interruppe i soggiorni veneziani.
Rimasta a lungo senza proprietario, nel 1964 fra i possibili acquirenti si fece avanti il tenore Mario Del Monaco, che però ruppe le trattative quando, mentre si stava recando a Venezia per ultimare i dettagli del contratto, rimase vittima di un grave incidente stradale che lo costrinse ad una lunga riabilitazione e lo fece desistere dall'acquisto[13].
Pochi anni dopo, Ca' Dario venne acquistata dal conte torinese Filippo Giordano delle Lanze, il quale venne ucciso all'interno del palazzo, nel1970, da un marinaio croato di nome Raul Blasich, con il quale intratteneva una relazione. Blasich, in seguito, fuggì a Londra, dove venne a sua volta assassinato[14]. Il palazzo venne poi acquistato da Kit Lambert, manager del complesso rock The Who, che morì pochissimo tempo dopo a Londra cadendo dalle scale.
A metà degli anni ottanta Ca' Dario venne acquistata da un uomo d'affari veneziano, Fabrizio Ferrari, che vi si trasferì con la sorella Nicoletta. Ferrari non morì, ma perse tutto il suo patrimonio dopo aver preso possesso del palazzo, mentre sua sorella morì in uno strano incidente stradale senza testimoni[15].
Alla fine degli anni ottanta il palazzo venne acquistato dal finanziere Raul Gardini, intenzionato a farne dono alla figlia. Gardini, dopo una serie di rovesci economici ed il coinvolgimento nello scandalo di Tangentopoli, si suicidò nel 1993 in circostanze mai del tutto chiarite.
Dopo la morte di Gardini nessuno volle più comprare Ca' Dario, al punto che la prima società di intermediazione che aveva ricevuto il mandato per la vendita si arrese e rimise l'incarico[12]. Alla fine degli anni novanta il regista e attore Woody Allen pareva intenzionato all'acquisto dell'edificio, ma desistette[16]. Nel 2002, una settimana dopo aver affittato Ca' Dario per una vacanza a Venezia, il bassista John Entwistlemorì di infarto[16]. Benché priva di alcun fondamento scientifico, a spiegazione delle morti alcuni hanno avanzato l'ipotesi che l'edificio sorga sopra un presunto nodo di energie negative che attraverserebbe la città[17]. Ca' Dario, attualmente, risulta in vendita[7].

fonte wikipedia




dal corriere della sera
quel maledetto giorno in cui raul compro' il palazzo
attraverso la Bavaria acquisto' il palazzo sul Canal Grande con una storia di morti violente TITOLO: Quel maledetto giorno in cui Raul compro' Ca' Dario - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - DAL NOSTRO CORRISPONDENTE VENEZIA . L' ombra sinistra di una maledizione che perseguiterebbe gli inquilini di Ca' Dario, stupendo palazzotto veneziano affacciato sul Canal Grande, si proietta sulla morte di Raul Gardini che da qualche anno aveva scelto questo stabile come sua residenza in Laguna. Gardini, che entro' in possesso del palazzo nell' 85 dopo aver acquistato la Bavaria Assicurazioni, poi confluita in Fondiaria, certamente sapeva di questa sciagurata fama di Ca' Dario ma, come tanti, non seppe resistere al fascino di uno stabile che Gabriele D' Annunzio defini' come "una vecchia cortigiana piegata sotto il peso dei suoi monili". Costruito sul Canal Grande nel 1487, in un composito stile fra il gotico, il bizantino e il rinascimentale, a poche decine di metri dalla basilica della Salute, Ca' Dario comincio' subito a conquistarsi la sua nefasta fama. Marietta, figlia di Giovanni Dario, committente e primo proprietario del palazzo, vi mori' infatti di crepacuore dopo il confino imposto al marito Vincenzo Barbaro. Molti dei suoi eredi morirono di morte violenta: fra questi Giacomo Barbaro, provveditore della Serenissima repubblica a Candia, che nel 1650 rimase vittima nell' isola di un agguato. Quei morti non spaventarono Arbit Abdoll, un ricco armeno che trafficava in diamanti, che acquisi' il palazzo alla fine del ' 700. Una "passione" fatale anche per lui, visto che pochi anni dopo incorse in un clamoroso fallimento. Un inglese, Rawdon Brown, compro' allora Ca' Dario e profuse tante energie nel restauro che si rovino' economicamente e al disonore preferi' il suicidio, sparandosi in una sala del palazzo. A fine ' 800 un' altra vittima: il poeta francese Henry De Regnier che, poco tempo dopo essersi trasferito a Ca' Dario, contrasse una grave malattia che nel giro di pochi anni lo condusse alla tomba. Alla seduzione di questa stupenda residenza veneziana non seppe resistere nemmeno Mario Del Monaco: il grande tenore si era innamorato del palazzo ma a por fine all' idillio ci penso' un grave incidente stradale di cui Del Monaco rimase vittima mentre rientrava nella sua abitazione trevigiana proprio dopo aver preso gli ultimi accordi per l' acquisto, successivamente mai avvenuto. A Ca' Dario arrivo' allora Charles Briggs, eccentrico miliardario americano, ma vi resto' ben poco: fu infatti espulso dall' Italia dopo che la polizia accerto' che aveva trasformato il palazzo in una sorta di equivoca casa d' appuntamento per omosessuali. Il convivente di Briggs, Osvaldo de Carrera, mori' pochi mesi piu' tardi suicida in Messico. Nella notte del 19 luglio 1970 Ca' Dario divenne teatro di un omicidio: il nuovo proprietario, il conte torinese Filippo Giordano Delle Lanze, venne infatti ammazzato a colpi di candelabro. Del presunto omicida, il marittimo jugoslavo Raoul Blasica con cui il nobile aveva rapporti omosessuali, si persero subito le tracce. Alcuni anni piu' tardi fu un giovane finanziere veneziano, Fabrizio Ferrari, a rilevare Ca' Dario per farne un centro di feste e congressi ad alto livello, ma anche Ferrari non sfuggi' alla "maledizione" e in breve fu travolto da un crac finanziario, subendo anche gravissimi lutti in famiglia. 

Claudio Pasqualetto




GARDINI: LA MALEDIZI
ONE DI CA' DARIO COLPISCE ANCORA
Roma, 23 Lug. - (adnkronos) - La maledizione di Ca' Dario ha colpito ancora. Raul Gardini e' l'ottavo proprietario dello splendido palazzo veneziano a essere morto in modo violento o in circostanze misteriose. L'ultima vittima in una catena di suicidi, assassini, vendette che dal 1500 ad oggi hanno inesorabilmente insanguinato quella fastosa dimora. E trova conferma ancora una volta quello che da sempre dicono i veneziani su quella casa ''maledetta'', marchiata dalla sinistra fama di portare sfortuna ai suoi proprietari.
L'analogia piu' inquietante e' quella con il penultimo proprietario, il nobile torinese Filippo Giordano delle Lanze che all'alba di una grande festa per inaugurare la nuova magione, venne trovato cadavere dalla governante proprio il 20 luglio di 23 anni anni fa. Ma gia' nel secolo scorso Radow Brown, un magnate britannico che aveva acquistato il palazzo per viverci col suo amico cubano Raul Carreras, dopo anni di fasti si ridusse in miseria e mori' di stenti, mentre l'amico Carreras si suicidava.
In realta' poi la lunga serie di lutti era cominciata ben prima, subito dopo la costruzione di Ca' Dario, voluta dal gran signore veneziano Giovanni Dario, ambasciatore di Venezia a Costantinopoli. Sua figlia Maria, tradita e percossa dal marito mori' in giovane eta' in seguito ai maltrattamenti. Dopo vari passaggi, il palazzo fu acquistato nel 1841 da un ricco inglese Rawdon Bron, che dissanguato dai restauri, ando' in rovina e si uccise. Dopo le tragedie di Brown e di Giordano delle Lanze, Ca' Dario fini' in mano di Christopher Lambert, un eccentrico ma ricchissimo inglese. Diceva di non credere alla ''maledizione'', ma in realta' agli intimi aveva confessato di dormire nel chiosco dei gondolieri dell'Hotel Gritti per ''sfuggire ai fantasmi che nel Palazzo lo perseguitavano''. (segue)
venezia misteriosa
I veneziani ne parlano come di un palazzo maledetto. Alcuni, addirittura evitano di passarci accanto e preferiscono circoscriverlo passando per il Rio Terà degli Assassini. Ca’ Dario, esempio sublime di gotico fiorito, si affaccia sghembo sul Canal Grande a pochi metri dalla casa di Peggy Guggenheim. Niente nell’aspetto estetico del palazzo fa pensare alle tragedie che si sono consumate, sul filo dei secoli, all’interno delle sue mura. La facciata sull’acqua è un merletto di balconate leggere e marmi dai colori diversi. Il retro, più sobrio, dipinto in rosso veneziano si affaccia su Campiello Barbaro.
Era nato come un dono, quel palazzo. A commissionarlo nel 1479 al grande architetto Pietro Lombardo, infatti, era stato un ricco mercante veneziano, Giovanni Dario. Marietta, la sua figlia illegittima, sarebbe andata in sposa ad un altro mercante di spezie, Vincenzo Barbaro, e Giovanni probabilmente nel lasciarlo in dote alla figlia era mosso dal desiderio di non sfigurare di fronte all’opulenza del genero.
Fin dall’inizio il palazzo fu teatro di morte : Marietta si suicidò quando venne a sapere che il marito aveva fatto bancarotta e Vincenzo venne accoltellato. Il figlio della coppia, anche lui Vincenzo, morì qualche anno dopo in un agguato a Candia.
Fu in quel periodo che iniziò la leggenda legata all’iscrizione che appare sulla facciata di Ca’ Dario: « Genio Urbis Johannes Dario », aveva fatto scrivere con orgoglio il mercante Giovanni. Ma il popolo ne aveva fatto l'anagramma che aveva prodotto il terribile : « Sub ruina insidiosa genero ». In altre parole: « Chi abiterà questa casa finirà in rovina ».
Per quasi due secoli la casa restò disabitata. E proprio mentre la leggenda iniziava a sfumare ripresero le morti. La prima di una lunga serie fu quella di un commerciante armeno di pietre preziose, Arbit Abdol, il suo nuovo proprietario, il quale poco tempo dopo fallì e morì in miseria. Il proprietario successivo, Raymond Brown, incapace di sopportare lo scandalo che dilagava in città a proposito della omosessualità si suicidò insieme al suo amante. A togliersi in seguito la vita, e per le stesse ragioni, fu l’amante di Charles Briggs, l’americano che, alla morte di Brown, aveva acquistato il palazzo.
Negli anni 70 Filippo Giordano delle Lanze venne ucciso all’interno del palazzo da Raul, il suo amante croato, il quale poi sarà a sua volta assassinato a Londra. Negli anni 80 la casa fu acquistata da Kit Lambert, il manager degli Who, che si suicidò tagliandosi le vene. L’ultimo proprietario, Raoul Gardini, coinvolto nello scandalo di Tangentopoli, si suicidò pure lui con un colpo di pistola alla tempia. Ma prima di lui Nicoletta Ferrari, proprietaria del palazzo assieme al fratello Fabrizio, fu ritrovata morta in un campo, a fianco alla sua automobile. Una morte inspiegabile ancora oggi.
Alla fine degli anni 90, Woody Allen era in trattativa per acquistare il Palazzo. Lo era proprio nel periodo in cui doveva dare un concerto alla Fenice con la sua band jazz. La Fenice bruciò la vigilia del concerto. Chissà se Woody annullò la vendita proprio perché aveva sentito aleggiare su di sè il profumo della maledizione.





tratti da alcuni siti web ed wikipedia.......




e sara' d qui che avremmo la seconda parte di venezia misteriosa