domenica 1 aprile 2012

voglia di melanzana


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LA MELANZANA
un po di storia
nome latino...solanum melogena....FAM..solanacee,24 kc per 100 gr,per il 92% di acqua,proteine 1,10 g,grassi 0,20,carboidrati 4,60....la n ostra melanzana non ha avuto vita facile sulle nostre tavole ,infatti dovete pensare che il nome melanzana deriva dal latino,"mala insana"ossia male malsane,ossia che provaca ogni sorte di male,la sua stoiria inizia in india,suo paese d'origine,dove essa cresceva allo stato spontaneo,ed era considerata come alimento buono e salutare,ce lo dimostrano alcune citazioni in sacrito che troviamo anche in alcuni testi di medicina,di quel popolo,e tale era la considerazione della nostra melanzana in indo(vattka)da venire adirittura reputata dono divino...secondo la mitologia indiana infattila melanzana era donata al popolo degli dei,in ricordo di un santone,noto per la sua pazienza e per la sua calma...da qui l'attribuzione di ortaggio,che induce alla calma e conciglia il sonno....attribuzione che poi dall'india segui' nel tempo la melanzana...anticamente essa sempre in india era diffusa abbondante allo stato spontaneo,ma veniva da alcuni anche coltivata econsumata come ortaggio..per molti secoli la melanzana non si sposto' dal suo luogo d'origine,furono gli arabi a scopritrla e diffonderla in tutto il medio oriente,divenne così alimento aprezzato nei paesi arabi,prediletto in turchia.....in italia come del resto d'europa giunse solo alla fine dek xv secolo...ma non fu accoltra positivamente,visto il suo nome...il primp ad accusarne la sua maleficita' fu avicenna,che dedico' tutta la sua vita allo stuidio della cura con le erbe,adirittura la melanzana allora fu reputata cibo poco salutare e la ritenevano causa di gravi malattie queli l'epilessiaq e malattie della pelle..sora di maleficio per le persone di quiell'epoca al punto che il botanico fucsio,nel XVI SECOLO DICEVA:
-il suo nlome deve spaventare coloro che hanno cura della propria salute......
infattoi resto' fuori dalle nostre cucine molto a lungo...veniva inportata ed usata solo per scopi terapeutici dopo che avevno scoperto la beneficita' su alcuni diturbi della pelle...a quanto dicevano precedentemente....ossia,impacchi e cataplasmi,lenitiva e antiinfiammatoria delle affezioni cutanee,e sopratutto per le emmorroidi,scottature e la cura contro i brufoli....piu' avanti gli attribuirono anche un forte potere afrodisiacosolo dopo tanti studi e prove fatte la melanzana fu tenuta in piu' consideerazione al punto di essere quotata,e comincio' ad essere richiestissima....ecco cosa scriveva DALE'CHAMP"de rendre plus vaillants champions avec les femmes ma questo solo nel 700 ,quelle che erano chiamate malinsana iniziarono a chiamarle pomi d'amore,i primi in europa cmq ad approvarle in cucina furono i cugini francesi,uno ghiottissimo di questo magnifico e saporitissimo frutto del nostro tempo fu alessandro dumas,da allora e' divenmtato l'ortaggio che conosciamo tutti
Tempo Preparazione: 4 ore
Tempo di cottura: 30 minuti
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Ingredienti

  • per la salsa di pomodoro
  • sedano una gamba
  • cipolla,carota
  • pomodoro fresco basilico
  • 2 spicchi d'aglio
  • la salsa deve consumare circa 2/3 ore
  • sale
  • per il pasticcio
  • 3 melanzane circa poi in base anche alle persone o al ristorante si radoppiano le dosi
  • per l'impanatura delle stesse
  • farina q/b,uova ben sbattute,sale pepe,pan grattato,olio di arachidi smezzato con olio d'oliva
  • prosciutto cotto
  • mozzarella quella vera non surrogati o pasta filante altrimenti non c'e' lo stesso risultato
  • per la copertura del pasticcio pomodoro fresco a fette
  • grana padano q basta

Istruzioni

  1. 1 passo facciamo la salsa di pomodoro
  2. tagliamo a tochetti sedano carota cipolla(quest'ultima poca)pomodoro,aglio e mettiamo in pentola fino a cottura ultimata..passiamo al setaccio o con la planetaria se abbiamo il passapomodoro....o con il passapomodoro a mano,
  3. ora lo mettiamo in padella con il basilico e finiamo la cottura e lo asciughiamo bene
  4. nel frattempo
  5. laviamo e tagliamo le melanzane per lungo,le passiamo prima in farina poi nell'uovo e infine nel pan grattato
  6. friggiamo e lasciamo che si scolino e si raffereddino..in questo modo assorbono pochissimo olio
  7. tagliamo la nostra mozzarella a fettine fine
  8. e sottile anche il prosciutto,e nel robot gratuggiamo il grana,per la opertura finale
  9. ora che abbiamo la salsa di pomodoro,le melanzane impanate,il nostro prosciutto,la mozzarella ,il pomodoro tagliato,e il grana passiamo all'assemblaggio del nostro pasticcio
  10. usiamo le nostre melanzane come se fosse la pasta e facciamo uno strato, poi aggiungiamo la salsa,poi un'altro con il prosciutto,uno con la mozzarella,e un'altro con le melanzane così per 3 strati,ora che abbiamo tutti gli strati copriamo con pomodoro tagliato a fette saliamo ,mettiamoci un po di origano sopra e il grana....
  11. inforniamo per circa 20 minuti......
  12. questo piatto puo' essere servito anche freddo ad uso stuzzichini provare per credere..il giorno dopo e' ancora piu' buono...
  13. se siete al ristorante vi consiglio di usare il bianco della melanzana e il nero farci le melanzane la funghetto..o un bel sugo in modo da farne un doppio uso......a casa invece fate come volete

mercoledì 8 febbraio 2012

carnavale che vai tradizione che trovi

fonte wikipedia


Le sue origini sono molto antiche: la prima testimonianza risale ad un documento del Doge Vitale Falier del 1094, dove si parla di divertimenti pubblici e nel quale il vocabolo Carnevale viene citato per la prima volta. L’istituzione del Carnevale da parte delle oligarchieveneziane è generalmente attribuita alla necessità della Serenissima, al pari di quanto già avveniva nell’antica Roma (vedi panem et circenses), di concedere alla popolazione, e soprattutto ai ceti più umili, un breve periodo dedicato interamente al divertimento e ai festeggiamenti, durante il quale i veneziani e i forestieri si riversavano in tutta la città a far festa con musiche e balli sfrenati.

Attraverso l’anonimato che garantivano maschere e costumi, si otteneva una sorta di livellamento di tutte le divisioni sociali ed era autorizzata persino la pubblica derisione delle autorità e dell’aristocrazia. Evidentemente tali concessioni erano largamente tollerate e considerate un provvidenziale sfogo alle tensioni e ai malumori che si creavano inevitabilmente all'interno della Repubblica di Venezia, che poneva rigidi limiti su questioni come la morale comune e l'ordine pubblico dei suoi cittadini.
Il primo documento ufficiale che dichiara il Carnevale di Venezia una festa pubblica è un editto del 1296, quando il Senato della Repubblicadichiarò festivo il giorno precedente la Quaresima.
In quest’epoca, e per molti secoli che si succedettero, il Carnevale durava sei settimane, dal 26 dicembre al Mercoledì delle Ceneri, anche se i festeggiamenti talvolta venivano fatti cominciare già i primi giorni di ottobre.
le maschere

ndossando maschere e costumi era possibile celare totalmente la propria identità e si annullava in questo modo ogni forma di appartenenza personale a classi sociali, sesso, religione. Ognuno poteva stabilire atteggiamenti e comportamenti in base ai nuovi costumi ed alle mutate sembianze. Per questo motivo, il saluto che risuonava di continuo nell’atto di incrociare un nuovo "personaggio" era semplicemente Buongiorno signora maschera.
La partecipazione gioiosa e in incognito a questo rito di travestimento collettivo era, ed è tuttora, l’essenza stessa del Carnevale. Un periodo spensierato di liberazione dalle proprie abitudini quotidiane e da tutti i pregiudizi e maldicenze, anche nei propri confronti. Si faceva tutti parte di un grande palcoscenico mascherato, in cui attori e spettatori si fondevano in un unico ed immenso corteo di figure e colori.
Con l’usanza sempre più diffusa dei travestimenti per il Carnevale, a Venezia nacque dal nulla e si sviluppò gradualmente un vero e proprio commercio di maschere e costumi. A partire dal 1271, vi sono notizie di produzione di maschere, scuole e tecniche per la loro realizzazione. Cominciarono ad essere prodotti gli strumenti per la lavorazione specifica dei materiali quali argillacartapestagesso e garza. Dopo la fase di fabbricazione dei modelli, si terminava l’opera colorandola e arricchendola di particolari come disegni, ricami, perline, piumaggi e quant’altro. I cosiddetti mascareri, che divennero veri e propri artigiani realizzando maschere di fogge e fatture sempre più ricche e sofisticate, vennero riconosciuti ufficialmente come mestiere con uno statuto del 10 aprile 1436, conservato nell’Archivio di Stato di Venezia.
Uno dei travestimenti più comuni nel Carnevale antico, soprattutto a partire dal XVIII secolo, rimasto in voga ed indossato anche nel Carnevale moderno, è sicuramente la Bauta (da pronunciarsi con l'accento sulla u). Questa figura, prettamente veneziana ed indossata sia dagli uomini che dalle donne, è costituita da una particolare maschera bianca denominata larva sotto un tricorno nero e completata da un avvolgente mantello scuro chiamato tabarro. La bauta era utilizzata diffusamente durante il periodo del Carnevale, ma anche a teatro, in altre feste, negli incontri galanti ed ogni qualvolta si desiderasse la libertà di corteggiare od essere corteggiati, garantendosi reciprocamente il totale anonimato. A questo scopo la particolare forma della maschera sul volto assicurava la possibilità di bere e mangiare senza doverla togliere.
Un altro costume tipico di quei tempi era la Gnaga, semplice travestimento da donna per gli uomini, facile da realizzare e d’uso piuttosto comune. Era costituito da indumenti femminili di uso comune e da una maschera con le sembianze da gatta, accompagnati da una cesta al braccio che solitamente conteneva un gattino. Il personaggio si atteggiava da donnina popolana, emettendo suoni striduli e miagolii beffardi. Interpretava talvolta le vesti di balia, accompagnata da altri uomini a loro volta vestiti da bambini.

Molte donne invece, indossavano un travestimento chiamato Moretta, costituito da una piccola maschera di velluto scuro, indossata con un delicato cappellino e con degli indumenti e delle velature raffinate. La Moretta era un travestimento muto, poiché la maschera doveva reggersi sul volto tenendo in bocca un bottone interno (e per questo motivo chiamata anche servette

ecco la prima ricetta.....


le frittole venexiane
  • 1kg di farina
  • 50 gr di lievito di birra oppure 14 gr di quello liofilizzato disidratato
  • 200 gr di zucchero
  • vanillina
  • arancia spremuta ..e scorza di limone grattugiato
  • oppure usiamo la spuma d'oro
  • due cucchiaini di sale pari a circa 20 gr
  • 6 uova
  • 150 gr di burro...liquefatto
  • 200 ml di latte....

Istruzioni

  1. io metto un po di liquore all'arancia perche' lo faccio in casa tutti gli anni o la spuma d'oro aroma venziano a base d'arancia
  2. il procedimento e' simile a quello del pane..infatti l'impasto deve lievitare all'incirca 3 ore....in un luogo caldo ...
  3. quando hai impastato tutti gli ingredienti e la pasta e' ben lievitata stendi una sfoglia di circa 3mm e fai 24 dischi che poi tirerai con le mani...al centro farai dei taglietti
  4. e li friggerai...quando sono dorate da entrambe le parti le passi nello zucchero e le servi..io in risto le ho fatte piccole 






domenica 20 novembre 2011

FESTA : Madonna della salute









TRATTATO DA WIKIPEDIA.....

La Festa della Madonna della Salute è una ricorrenza religiosa della città di Veneziache ha luogo il 21 

novembre di ogni anno e costituisce festività locale. Si tratta di un pellegrinaggio di ringraziamento nei confronti della Madonna che ha come meta la Basilica di Santa Maria della Salute.
Durante tutta la giornata, nella Basilica, tenuta aperta senza interruzione, vengono celebrate in continuazione messe e rosari, con un afflusso continuo di fedeli. Per facilitare il pellegrinaggio, viene eretto sul Canal Grande un ponte provvisorio in legno che collega laPunta della Dogana con Santa Maria del Giglio[1].

Origini [modifica]

La ricorrenza trae origine dalla grande epidemia di peste bubbonica che colpì tutto il nord Italia tra il 1630 e il 1631. Si tratta della stessa epidemia descritta anche da Alessandro Manzoni ne I promessi sposi.
Il contagio si estese a Venezia in seguito all'arrivo di alcuni ambasciatori di Mantova, città già particolarmente colpita dall'epidemia, inviati a chiedere aiuti alla Repubblica di Venezia[2]. Gli ambasciatori furono alloggiati in quarantena nell'isola di San Servolo ma nonostante questa precauzione alcune maestranze entrate in contatto con gli ospiti subirono il contagio e diffusero il morbo nell'area cittadina. L'epidemia fu particolarmente virulenta: nel giro di poche settimane l'intera città venne colpita, con pesanti perdite tra gli abitanti e ne furono vittime lo stesso doge Nicolò Contarini e il patriarca Giovanni Tiepolo.
Nel momento culminante dell'epidemia, in assenza di altre soluzioni, il governo della Repubblica organizzò una processione di preghiera alla Madonna, a cui partecipò per tre giorni e per tre notti tutta la popolazione superstite. Il 22 ottobre 1630 il doge fece voto solenne di erigere un tempio votivo particolarmente grandioso e solenne se la città fosse sopravvissuta al morbo.
Poche settimane dopo la processione, l'epidemia subì prima un brusco rallentamento per poi lentamente regredire fino a estinguersi definitivamente nel novembre 1631. Il bilancio finale fu stimato in quasi 47.000 morti nel solo territorio cittadino (oltre un quarto della popolazione) e quasi 100.000 nel territorio del Dogado[3]. Il governo decretò allora di ripetere ogni anno, in segno di ringraziamento, la processione in onore della Madonna denominata da allora della "Salute".
Il governo della Repubblica mantenne fede al voto, individuando nell'area della Dogana da Mar, oggetto di recenti demolizioni, la meta del pellegrinaggio nonché la sede del nuovo tempio votivo e indicendo subito il concorso per la costruzione della nuova chiesa. Il primo pellegrinaggio di ringraziamento avvenne il 28 novembre 1631, subito dopo la fine dell'epidemia.


Il concorso venne vinto da Baldassare Longhena con il suo progetto di un tempio barocco a struttura ottagonale sormontato da un'imponente cupola, ovvero l'attuale basilica di Santa Maria della Salute, che fu consacrata il 21 novembre 1687.

La ricorrenza è particolarmente sentita dalla popolazione veneziana. È tradizione, nel giorno della festa della Salute, consumare una pietanza a base di carne, LA CASTRADINA DI CUI DOMANI TROVERETE LE VARIE RICETTE DI QUESTO CASTRATO DI MONTONE

domenica 23 ottobre 2011

venezia misteriosa ..............2 parte e 3 parte




San Lazzaro degli Armeni è una piccola isola nella laguna veneziana, che si trova immediatamente ad ovest del Lido; completamente occupata da un monastero che è la casa madre dell'ordine dei Mekhitaristi. L'isola è uno dei primi centri del mondo di cultura armena. L'isolotto, ad una certa distanza dalle isole principali che formano il centro storico diVenezia, era nella posizione ideale per lo stazionamento in quarantena e fu perciò usato dal XII secolo come lebbrosario (lazzaretto), ricevendo il relativo nome da San Lazzaro mendicante, patrono dei lebbrosi.


Abbandonato nel XVI secolo, nel 1717 fu dato dalla Repubblica di Venezia ad un gruppo di monaci armeni che erano fuggiti dalla persecuzione turca ad Istanbul, cinque anni dopo fu disposto sotto la protezione del PapaMekhitar ed i suoi diciassette monaci restaurarono la chiesa e ivi costruirono un monastero, ingrandirono di quattro volte l'isola fino alla attuale grandezza di 3 ettari.
La Chiesa di San Lazzaro degli Armeni ospita una biblioteca di circa 200.000 volumi, così come un museo con oltre 4.000 manoscritti armeni e molti manufatti arabiindiani edegiziani, tra cui la curiosa mummia di Nehmeket del 1000 a.C., raccolti dai monaci o ricevuti come regali. Il monastero ed i relativi giardini possono essere raggiunti dal vaporetto numero 20 da San Zaccaria. Al momento in cui scriviamo (estate 2008) c'è una sola visita guidata al giorno, che si svolge alle ore 15:00, in coincidenza con l'arrivo del vaporetto che lascia San Zaccaria alle 14:45.
Gruppi consistenti di visitatori possono chiedere un giro riservato ad orari diversi. La messa si celebra ogni domenica con rito cattolico armeno alle ore 11.00. Padre Vertanes

 ed altri padri conducono le visite in varie lingue.
Chiostro sull'Isola di San Lazzaro

Chiesa di San Lazzaro
L'isola ha inoltre una lunga tradizione di ospitalità agli eruditi ed agli allievi dell'Armenia, fra i quali anche Lord Byron, che ha studiato l'armeno lì nel 1816 e che si ricorda in una mostra permanente. Pare che il poeta amasse molto la speciale Vartanush, marmellata di petali di rosa che i monaci producono tuttora grazie ai rosai coltivati nell'isola, alcuni dei quali molto rari.












Iosif Stalin fu uno degli ultimi campanari dell’isola di San Lazzaro degli Armeni, nel cuore della laguna di Venezia; un giovanissimo Rodolfo Valentino – studente all’istituto nautico della città – rubò un rimorchiatore la notte del Redentore, affondò una gondola e salvò una ereditiera inglese, ricevendo in cambio una settimana d’amore all’Hotel Excelsior del Lido; le ossa di Ida Dalzer, che diede un figlio a Benito Mussolini, riposano in una fossa comune sull’isola di San Clemente, oggi ex manicomio trasformato in albergo di lusso, dove il duce la fece rinchiudere. E questo solo per rimanere al Novecento.


La laguna di Venezia nasconde infatti decine e decine di storie e leggende, a volte arcane e misteriose, a volte decisamente curiose, altre volte semplicemente permeate dalla bellezza che solo l’incanto dell’estuario lagunare riesce a infondere alla parola. Ecco allora emergere dai bassi fondali (e dalle nebbie del tempo) storie di diavoli e di streghe, di anime dannate, di sirene che donano merletti come premio per un amore che non conosce tradimento. Storie di Santi e di comuni mortali, che vivono della magia che regna incontrastata tra le acque che videro i primi profughi scappare dalle orde dei barbari, le galee della Serenissima, le navi di Bisanzio e di tutto il mondo allora conosciuto.


“Misteri della laguna e Racconti di Streghe” è concepito attraverso due ideali percorsi lungo le isole della laguna a sud e a nord di Venezia, senza tralasciare però anche località come Chioggia, Treporti o Malcontenta, dove nell’omonima dimora palladiana farebbe le sue apparizioni una delle “dame bianche” più famose d’Italia: Isabella, il cui fantasma irrequieto di reclusa aleggia ancora tra le mura di villa Foscari. Un tragitto lungo i canali lagunari che si conclude con ampie sezioni dedicate alle fiabe, agli usi e alle tradizioni, alle storie di streghe e a curiosità.





Il lazzaretto (anche lazzareto o lazzeretto) era un luogo di confinamento e d'isolamento per portatori di malattie contagiose, in particolar modo di lebbra e di peste.
Nelle città di mare era anche un luogo chiuso in cui merci e persone provenienti da paesi di possibile contagio dovevano trascorrere un soggiorno di determinata durata, spesso di quaranta giorni, da cui il termine quarantena.
Sull'origine del nome "lazzaretto" ci sono due ipotesi: la prima viene ricondotta a quella dellebbroso Lazzaro - protagonista della parabola evangelica - venerato come protettore delle persone affette da lebbra, la seconda invece richiama il primo lazzaretto, quello di Santa Maria di Nazareth a Venezia, il cui appellativo, per successive distorsioni fonetiche, si è trasformato da Nazareth a nazaretto a lazzaretto[1]. La loro fama deriva però dal fatto di essere stati così chiamati gli ospedali temporanei che venivano allestiti per evitare un'epidemia di peste.
Nel lazzaretto, che nelle città più grandi potevano essere anche più di uno, venivano tenuti in quarantena i malati, e durante epidemie con un alto tasso di mortalità, nei periodi di parossismo del contagio, essi si riempivano di ammalati che con alte percentuali diventavano cadaveri nel giro di pochi giorni. Le condizioni igieniche precarie dei lazzeretti a volte invece che arginare un contagio, lo favorivano, con il sovraffollamento, la promiscuità con il personale medico, che facilmente si ammalava a sua volta, e la mancanza di alcune condizioni igieniche che per ragioni di indigenza non potevano essere rispettate. Per esempio si sapeva bene che quando un malato appestato moriva si sarebbe dovuto bruciare tutte le sue cose, come gli abiti e il giaciglio: ma in condizioni di estrema urgenza come durante un'epidemia era impossibile procurarsi anche solo la paglia fresca giornaliera dove far stendere i malati.